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Il primo romanzo di Mancio M. Ruggiero

GIOVANI ATTACCATI AL MURO (LE RISPOSTE CHE NESSUNO CI POTRA' MAI DARE)

 

GIOVANI

ATTACCATI AL MURO

(LE RISPOSTE CHE NESSUNO CI POTRA' MAI DARE)



E' difficile cominciare a scrivere se il concetto che vuoi trasmettere è che non ci sono parole;
ed è difficile trattenersi, metabolizzare alcuni eventi, prima di buttare giù due righe.
Penso sia d'obbligo in alcuni casi, rimandare di qualche giorno.
Ormai è consuetudine il concetto di voler riempire il Paradiso di angeli; probabilmente ci fa stare meglio ed egoisticamente facciamo i ruffiani per avere lassù un occhio di riguardo.
No, non è quello l'occhio che vede attraverso il tempo, non è così che possiamo salvaguardare qualcosa che non capiremo mai, nonostante si possa filosofeggiare in diverse maniere.
Quanta gente ho visto andare via ed è una situazione che non riesco a concepire.
Già non riesco ad afferrare bene il concetto di morte, in generale: cioè lottiamo, soffriamo, ci innamoriamo, litighiamo, facciamo progetti, alcuni li realizziamo, altri non li realizzeremo mai, gioiamo, lavoriamo, amiamo, vinciamo, perdiamo, corriamo, ma dove andiamo?
E poi sfioriamo invecchiando come fossimo rottami di quello che fummo per poi finire...
Figuriamoci se posso accettare che giovani vite possano essere spezzate in maniera prematura in un barbaro modo per colpe che non hanno.
C'è chi se ne va per mano di qualche delinquente, attraverso l'uso delle armi, chi perisce in guerra o chi si trova solamente nella traiettoria di un proiettile destinato ad altri, chi è coinvolto in un incidente stradale, magari per andare a lavorare, o chi muore proprio mentre lavora.
O chi si ammazza perché lo ha perso il lavoro.
Qualcuno si fa del male da solo e non mi riferisco solamente a chi si suicida, ma anche a chi entra, per esempio, nel maledetto tunnel della droga.
E poi c'è chi improvvisamente trova la morte per motivazioni ancora più assurde che mi fanno rabbia e mi fanno provare rancore, non so nemmeno verso chi, verso cosa.
Nei confronti di chi dovrebbe esistere o non esistere in base a quello che vogliamo credere o vogliamo convincerci di poterlo fare?
Probabilmente anche, perché è troppo comodo dire da un altare che noi siamo troppo piccoli per capire progetti più grandi.
A volte abbiamo bisogno in maniera maggiore di risposte che nessuno ci potrà mai dare.
E così uno entra in un bar ride con gli amici, consuma qualcosa e poi si ritira, contento per la serata, non sa che probabilmente quei compagni d'avventura non li vedrà più e chissà quante cose avrebbe potuto fare, quanto altro sarebbe potuto essere.
Si ritroverà su un letto, soffrirà fisicamente e magari non si renderà nemmeno conto di tutta la gente accorsa al suo capezzale, non si renderà conto di quanto fosse amato e perché?
Non abbiamo almeno il diritto di saperlo?
Cosa è andato storto, cosa ci ha fatto male, cosa ci portavamo dentro e perché una volta scoperto non si è potuto far niente in un mondo in cui si parla di progresso e tecnologia, di astronavi, di viaggi nel tempo e di teletrasporto? Avrà il diritto di poterselo almeno chiedere? Avrà il diritto di saperlo?
Di saperlo veramente, dico, non di leggere un referto medico o di accontentarsi del fatto che non sia possibile trovare un rimedio, se è vero che non siamo solo un corpo che si trascina nel corso degli anni in un'esistenza che appare tanto piccola se rapportata alla sua fragilità.
Qualcuno potrebbe dire che forse è meglio questo che morire poco alla volta, ogni giorno di più se è quello il destino....
"Destino", questa parola assurda anche solo nel concetto, un'altra delle cose che non possiamo conoscere se non quando è troppo tardi.
Io non voglio credere in questa parola; è una questione di rispetto per chi purtroppo dobbiamo lasciare andar via, l'esistenza di ognuno è un capolavoro; saremo piccoli, ma ognuno di noi può essere grandioso, anche nelle piccole cose.
Ci sono quelli che definiamo artisti, ma lo è anche chi riesce a donare un sorriso ed a far felici gli altri.
Un capolavoro è ogni gesto che ti rende felice e fiero, ma anche quello che ti ha reso vivo.
E' regalare una carezza ad un cane, sorridere ad un bambino, è scegliere di comprare ciò che ti serve da quel determinato negozio, prima di partire, anche se non è che nel paese in cui andrai non esistano quei prodotti.
Il capolavoro sta proprio nel fare delle scelte, prendere direzioni, porsi degli obiettivi e perseverare per poterli raggiungere ed anche se non si dovessero raggiungere in pieno, percorrere la strada e godersi le tappe intermedie.
Ecco perché è assurdo andare troppo velocemente, si rischia che tutto finisca senza essersi fermati a godersi le piccole cose. 
E' per questo che voglio essere grandioso nel mio piccolo, è per questo che forse sogniamo di essere più capaci e ci rattristiamo quando ci sentiamo inadeguati in alcuni contesti.
E' strano vedere che a bocce ferme, molte persone avevano già fatto parecchie conquiste e magari neanche lo sapevano, ma essere grandiosi non si dovrebbe misurare dalle lacrime delle persone che giungono a dare l'ultimo saluto, mentre prima parecchie cose erano date per scontate, ma non espresse abbastanza.
Potrei continuare all'infinito: il capolavoro è applaudire, ma anche avere voglia di essere applauditi è anche portare giù l'immondizia...
Incoraggiare qualcuno affinché vada a scuola, preparare un caffè.
Guardare un frutto e vederci un mondo all'interno e se sei capace tirarlo fuori anche agli occhi degli altri affinché possano goderne con un senso in più, ma anche solo disegnare un cuore sulla schiuma del cappuccino se non ne sei capace.
Oggi guardo una scena che avrei immaginato al massimo fra qualche decennio, in questo concetto di tempo che ormai non ha più certezze alle quali appigliarsi; sono con un amico a fissare fogli bianchi incollati ad un muro; né io e né l'amico siamo curvi o appoggiati ad un bastone e nessuno dei due ha la dentiera in bocca ed i capelli bianchi.....
ed allora perché ci sono coetanei o più giovani  attaccati al muro?
  


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© Copyright 2013 Mancio Mario Ruggiero

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